D’esser diventata grande
l’ho percepito
d’improvviso – per feroce
scarto di prospettiva
tra il mio sguardo bambino
e quello adulto che
– perplesso – misurava
l’esigua ampiezza
delle scale
di scuola d’altro secolo.
Scale minime
che nella memoria
s’espandono immense
mentre caracollo a gregge
coi compagni di classe
– fiocco al collo e futuro
nella cartella.
di Maddalena Gregori
Hai ragione, copierò le tue parole e le terrò in un diario per non dimenticarle. Non avevo pensato al disincanto come ampliamento di prospettiva ma come causa di una paralisi di vita. Si tratta di scegliere le giuste prospettive e ti ringrazio per avermene offerta un’altra.
Delicato affresco, sorrido con affetto di questi ricordi che sono anche miei.
Anche i sogni e le speranze sono più grandi nell’infanzia, per quel feroce scarto di prospettiva che rende esigue le ampiezze. Però, se dessimo un po’ più voce al bambino che è sempre lì, in noi, forse si potrebbe ridimensionare anche il disincato. Ed essere più felici.
Io trovo una bellezza anche nel disincanto, perché significa aver ampliato la nostra prospettiva. Dell’infanzia amo il candore, ma ti immagini se restassimo sempre prigionieri nel limitato confine cognitivo dei nostri primi anni di vita? Io amo ogni singola esperienza che ha saputo ampliare, aggiustare, arricchire la mia visione. Perché il futuro va tolto dalla cartella e fatto fiorire! Credo che il trucco non sia dare voce al bambino, ma tenerlo vivo dentro di noi, come la natura del seme rimane in ogni singola parte dell’albero.