I sogni di Sonia

Claes Oldenburg: Floor Burger

“BUONGIORNOOO!!!!  Eccoci qui in ksta girnata rminosa pr grtendosa. Abrani e se tandesto ablendita…”

Sonia schiude appena appena una palpebra. La radio del vicino di casa supera la sottile membrana della parete in comune. La sveglia segna le 6 e 15.

La luce radente che penetra dalle fessure della persiana le ferisce la retina e, con un grugnito di fastidio, Sonia si gira dall’altra parte e avvolge la testa nel cuscino. Ma i cinguettii inintelligibili del dj le scoppiettano nel cervello impedendole di riprendere sonno.

Vorrebbe dormire, dormire e solo dormire. Solo quando dorme i pensieri non la assillano e venire svegliata prima del suono della sveglia è una vera tortura.

“Ma passiamo ora al costro apencamento con l’oroscopo! Ogni giorno ablastate perdnase comertano crento, giusto?”

Ma perché i dj hanno questo vizio di urlare e poi bofonchiare?

“ARIETE. Giornata piena e blesioni ertamani se vonde…”

Sonia si rigira nel letto premendo il cuscino sulle orecchie ma, sotto sotto, resta in attesa del proprio segno zodiacale. Non ci crede, ma non si sa mai, giusto?

“TORO. Anche oggi vi tormalete ascardie mortode e si ascamino…”

A malincuore Sonia emerge dal cuscino mentre la sua mente oscilla tra l’invito seducente di Morfeo, reso irresistibile dal tepore del piumino, e la voglia di sentire l’oroscopo.

“GEMELLI. Brifaschi i midrafne de berganstide afro…”

Sonia mugola e si prepara: il prossimo segno è il suo. Perciò si costringe a porre la massima attenzione. La parete è così sottile che, se si concentra, magari riuscirà a capire quel che il tizio alla radio dice.

“CANCRO”. – Ecco! il suo segno. Sonia aguzza le orecchie e si avvicina alla parete “La giornata che vi aspetta è armentata splodene ma ermaniosa!”.

Innervosita  Sonia preme l’orecchio contro la parete e si rimette all’ascolto con la massima attenzione: “Ma non temete, peré ablostate a gorondato arbione giornata.”

“Ma porca vacca!” pensa infastidita Sonia.

“In amore” prosegue il dj sbrodolone “potete gotare u sendronte aiu bono vandare oglonzo. LEONE….”

“Ma vaffanculo, va!” sbotta Sonia con la voce roca del primo mattino lasciando crollare la testa sul guanciale.

Il dj prosegue col suo gioco sadico, annunciando con voce stentorea gli argomenti per poi enunciarli con borbottii e mugugni che vogliono simulare i toni intimi della conversazione privata. Definitivamente scocciata da questa invasione sonora, Sonia batte coi pugni sul muro sperando di convincere il vicino di casa almeno ad abbassare il volume: con un mormorio uniforme potrebbe riprendere sonno, ma questi continui scoppi di vitalità verbale la costringono a prestare attenzione per poi, però, lasciarla frustrata.

Il dj prosegue imperterrito il suo lavoro, il vicino ignora i pugni contro il muro e Sonia alla fine si arrende e si decide a lasciare il letto. Ormai sono quasi le 7 e in fondo tra mezz’ora dovrà comunque alzarsi.

Fuori il sole splende sfrontato e una nuvola di malumore le circonda il capo: da troppo tempo i suoi risvegli sono accompagnati da quest’ombra di malessere. Non ne può più di questa vita, di questo accontentarsi di ciò che ha. Dentro di lei, da qualche parte, si nasconde il disegno segreto della vita che avrebbe voluto e che non è stata. Dentro di lei si nasconde un grumo profondo di rabbia e amarezza che si è dilatato fino a divorare la sua voglia di vivere. Ogni mattina si sveglia e sa che ciò che l’aspetta quel giorno è identico a ciò che l’aspetterà per ogni giorno che le resta della vita.

Maledicendo il sole che preannuncia una giornata splendente, si dirige verso il bagno. L’acqua fredda sul viso la risveglia, donandole una vaga parvenza di vigoria. Il caffè la rimetterà in sesto.

Mentre aspetta che la moka emetta il suo gorgoglìo, Sonia accende il Pc per scorrere le notizie e controllare le mail in arrivo. Sulle pagine di notizie le solite cose: qui una guerra lontana che dura da anni, ma di cui nessuno ha mai parlato prima e che ora sembra essere al centro delle vicende internazionali. Foto raccapriccianti, intrighi internazionali, senso di impotenza. Più in là il matrimonio di lusso tra due Vip, con un contorno di insulsaggini che non porteranno alcun cambiamento all’universo.

Ecco, il caffè è pronto. Lo versa meccanicamente in una tazza, un po’ di latte per addolcirlo e raffreddarlo, un sorso per rifarsi la bocca, ancora impastata dal sonno. Le notizie si susseguono sempre più banali e inconsistenti e alla fine si decide ad abbassare lo schermo del pc. E così si ritrova a fissare le pareti dell’odioso bilocale malamente arredato in cui, da quando Sergio l’ha lasciata, si è trovata a vivere.

Sergio. Con lui aveva fatto l’errore più grosso: mescolare il lavoro con l’amore. Insieme avevano messo su un’agenzia di produzioni televisive che, nel giro di pochi anni, si era conquistata una bella fetta di mercato. Lei, fresca di studi all’Accademia di Belle Arti e specializzata in scenografia, gli aveva proposto di realizzare versioni italiane di certi reality che imperversavano sulla televisione britannica e lui era riuscito a trovare dei buoni investitori. Avevano cominciato con una trasmissione dedicata al bricolage, una robina leggera, che chiedeva investimenti contenuti e per la quale si era occupata personalmente delle scenografie; il prodotto era andato a ruba su varie televisioni locali. Il successo di questa prima idea aveva segnato la strada per le produzioni successive: ognuna era stata un vero e proprio trionfo e in poco tempo si erano trovati alle stelle. Il magazzino in cui avevano cominciato a lavorare si era presto trasformato in uno studio importante, con una decina di impiegati a tempo pieno e svariati collaboratori. Lei si era sempre occupata della parte creativa, Sergio di quella economica, e insieme avevano costruito una coppia perfettamente complementare.

Questa armonia lavorativa si era molto presto trasformata in un’intesa sentimentale e così, nel giro di poco, avevano cominciato a  convivere. Era fantastico, i primi tempi, svegliarsi insieme e scambiarsi idee di lavoro mentre si lavavano i denti, o incontrarsi alla sera davanti a una cena take away cinese raccontandosi ciò che avevano realizzato nel corso della giornata. Perché, in effetti, di giorno difficilmente riuscivano a incontrarsi, impegnati com’erano in settori diversi. E così il vivere insieme diventava un momento fondamentale per il lavoro, e allo stesso tempo questo progetto comune nutriva la loro coppia.

Lei aveva anche abbandonato il suo sogno di diventare un’artista famosa e col tempo aveva relegato la sua passione per la pittura nella realizzazione dei bozzetti delle scenografie televisive o, nel tempo libero, di lavori compositi che poi appendeva in casa, o in ufficio, o che regalava ad amici e clienti. Non le pesava, il suo “sacrificio”, perché la vita le aveva proposto qualcosa a cui lei non aveva mai pensato e che le piaceva: le piaceva lavorare con Sergio, che ammirava la sua creatività e che sapeva renderla tanto importante, e le piaceva il sodalizio che si era creato con lui.

Ma quand’era stato che le cose avevano cominciato a franare?

Sonia non riesce a ricordare un evento specifico che abbia segnato l’inizio della fine. Si sa, le cose procedono per gradi, e solo dopo molto tempo si riesce a percepire l’arrivo della catastrofe; generalmente quando ormai non c’è più niente da fare.

Con due rapidi sorsi finisce il caffè e stancamente torna in bagno: una doccia veloce, si veste, rifà velocemente il letto e lascia la finestra socchiusa.

Prima di uscire si rassetta il vestito e controlla la silhouette allo specchio. Ricorda il giorno in cui lo ha comprato. Con Sergio andava già male, ma lei sperava ancora di riuscire a risolvere i problemi. Quando lui l’aveva vista arrivare col nuovo abito si era invece resa conto che non c’era più speranza: anziché rivolgerle lo sguardo ammirato dei primi tempi, lui l’aveva squadrata in tralice e aveva commentato con un “Quanto lo hai pagato?”.

È vero, da un paio di anni gli affari andavano peggiorando, ma non era il caso di fare i tragici. Invece lui ogni sera era sempre più cupo e si rifiutava di parlarne. D’altro canto anche lei aveva smesso di sottoporgli le sue idee, perché era stanca di sentirsi opporre riduzioni di budget che alla fine snaturavano e impoverivano le sue idee. Così progredivano su binari separati ed era ormai una scocciatura quando dovevano, necessariamente, comunicare. Erano momenti di vera e propria guerra: si affrontavano in sala riunioni, ognuno affiancato dal proprio piccolo esercito, lui coi suoi amministrativi e lei coi suoi creativi. Due mondi in conflitto per definizione, in cui ognuno dei due si rifugiava ogni giorno di più.

Fino a quando lui aveva cominciato a fare sempre più tardi la sera, poi a dormire fuori casa. Dapprima con la scusa di riunioni necessarie ad appianare i problemi economici, poi senza più scuse. Finché una sera lui le aveva comunicato che i nuovi investitori che aveva trovato erano dotati di un loro team di creativi. Lei non era più necessaria. E, a proposito, lui aveva trovato una nuova compagna, con cui stava molto meglio.

In un colpo solo Sonia aveva perso tutto. Ed era solo colpa sua: non si punta tutto il piatto su un solo numero!

Nel giro di pochi giorni era fuori casa e nel giro di poche settimane aveva trovato lavoro in un ufficio come segretaria, per una paga base. Perché lei nell’impresa aveva sempre messo il suo lavoro, mai il capitale, e così non aveva potuto ottenere nessuna quota. Era stata cacciata, e questo era tutto.

Quelli che seguirono furono mesi d’inferno, così terrificanti che quasi la sua mente li aveva cancellati, come accade per un trauma.

Ora il peggio è passato, riesce a cavarsela, ma l’amaro in bocca non se ne va, anche se ormai sono trascorsi più di tre anni da quella spaventosa sera.

Ogni tanto lo incrocia, Sergio. Lui è sempre splendido, sempre accompagnato dalla sua giovanissima e bellissima ex-segretaria, l’impresa è tornata sulla cresta dell’onda. Lei invece si arrabatta con la sua paga minima, nel suo bilocale popolare; ha anche smesso del tutto di dipingere. Si sente vuota, paralizzata, cieca, sorda e muta.

I vecchi quadri se ne stanno tutti ammonticchiati uno sull’altro, come una cucciolata infreddolita, in un angolo del garage dei genitori. Meglio non pensarci.

Sta per uscire quando si rende conto che è nettamente in anticipo: si è alzata prima del solito e ha ancora un’abbondante mezz’ora di tempo. Torna al tavolo di cucina e riapre il pc: ne approfitterà per controllare la posta elettronica.

Quando apre la pagina spulcia le solite mail della banca, le bollette telematiche, alcune newsletter. Ma perché le newsletter non vanno nella cartella degli spam? Eppure pare così piena… Sonia clicca sull’icona e le si apre un mondo.

Sono decine le mail in cui viene informata di aver vinto una non so quale lotteria ultramilionaria in Australia o negli Stati Uniti. Poi ci sono avvisi del Ministero delle Finanze, della Polizia, dei Carabinieri, delle Poste Italiane, tutti preoccupati di farle comunicazioni urgentissime come da allegato. Sonia seleziona e cancella, seleziona e cancella, seleziona e cancella… Fino a quando incappa in una mail che le pare diversa dalle altre. È in inglese, proviene dal corso di Arti visive dell’Università di Oxford, ma, soprattutto, è firmata dal professore che aveva tenuto un corso semestrale che lei ha seguito gratuitamente tanti anni fa. Si trattava del primo premio di un concorso indetto dall’Accademia di Belle Arti presso cui si era diplomata e quella era stata la più bella esperienza della sua intera vita. Durante quel periodo di soggiorno inglese aveva visto i reality da cui aveva preso ispirazione per il lavoro con Sergio, ma, soprattutto, aveva imparato moltissimo sulle tecniche pittoriche con materiali compositi, sull’arte contemporanea e sulle sue capacità e abilità creative. Era tornata da quel viaggio galvanizzata, convinta di poter fare qualunque cosa, di poter fare della sua vita tutto ciò che avrebbe voluto.

E invece, guarda ora cosa è diventata: una segretaria d’ufficio, cieca, sorda e muta, priva di colori, priva di speranze.

Con un sospiro Sonia apre la mail, che è finita nello spam perché è stata inviata a molti destinatari. Il professore parla di opere lasciate dagli studenti presso l’Accademia, di una mostra, di un’asta. Un allegato contiene l’elenco delle opere e degli autori.

Il professore spiega che la mostra, realizzata presso una prestigiosa galleria londinese, ha avuto un incredibile successo e che è in previsione l’organizzazione di un’altra mostra, con successiva asta, dedicata ai dieci autori che hanno ottenuto le maggiori offerte per le loro opere nella prima asta. Invita perciò i riceventi a controllare i risultati e a contattarlo per accordarsi sulla organizzazione della seconda mostra.

Sonia non ricorda di aver lasciato alcuna “opera” all’università e incuriosita clicca sull’allegato. “E se fosse un virus?” si scopre a pensare, ma la pagina si apre senza provocare reazioni al programma di protezione.

Scorre l’elenco e alcuni nomi si associano immediatamente, nella sua mente, a visi brufolosi, a facce giovani e piene di speranza. Poi arriva al proprio nome, accanto il titolo dell’opera: “Strudel”.

Strudel!?!?

Un primo momento di confusione e poi, d’improvviso, l’immagine di una tela le balza agli occhi. Si trattava di un lavoro alla Claes Oldenburg, ma trasposto su tela, una sorta di bassorilievo pop. Un lavoro realizzato come compito e a cui lei aveva dato poco peso, ma che il professore aveva elogiato davanti a tutti.

Sonia scoppia a ridere ricordando quanto fosse stato difficile, per lei, spiegare cosa fosse uno strudel, un dolce italiano ma non italiano, molto meno goloso del più noto tiramisù ma che lei gli preferiva nettamente. Sonia ride e poi d’un tratto non ride più: la cifra segnata accanto al suo quadro, la cifra realizzata durante l’asta, è la più alta di tutte.

La più alta di tutte! Il suo pensiero corre ai suoi quadri orfanelli, abbandonati tra uno scaffale colmo di scatole e il treno di gomme invernali del padre. E il cuore le balza in petto!

Con una tachicardia al limite dell’infarto torna a leggere la lettera del professore: la mostra, la possibilità di fare una seconda asta, i cui introiti andrebbero all’autore, l’invito a contattarlo per definire i termini di futuri accordi, l’invito a recarsi, a spese dell’Università, a Oxford e… la proposta, per i primi tre classificati, di tenere un corso semestrale per gli studenti dell’Università. Un corso retribuito, naturalmente.

Sonia abbassa lentamente lo schermo del pc e, con un sorriso che non si vuole spegnere, pensa: “Chissà cosa diceva l’oroscopo, stamattina!”.

 

di Maddalena Gregori

 

 

P.S.: questo racconto è nato da un gioco coi miei lettori. Le parole che mi sono state donate come spunto in questo caso sono: radio, invito, mattino, gradi, strudel, ridere. Cercatele!

2 Risposte a “I sogni di Sonia”

    1. Tutte le storie sono a lieto fine, e se non è così, non sono ancora finite! Parafrasando quello che disse John Lennon.

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