Linee rette spezzate

Lo sguardo di Davide si sperde tra i meandri che decorano lo spesso bracciale in argento che gli adorna il polso. Glielo portò Gaia tanti anni fa, al ritorno da quel viaggio in Grecia. Tanti anni fa…

L’occhio insegue il disegno ipnotico del simbolo ellenico per eccellenza, sintesi estrema del labirinto, il mito di Dedalo, l’eterna ricerca e le mille deviazioni che si compiono nel corso della vita, alla ricerca della meta finale, alla ricerca del segreto ultimo… o primo.

“A che piano?…”

La voce femminile che risuona al suo fianco lo richiama alla realtà. A fatica Davide distoglie lo sguardo dal decoro greco, a fatica si riscuote dal distacco in cui si trova immerso.

“Dodicesimo” mormora lui.

Senza dire altro la donna preme i pulsanti del decimo e del dodicesimo piano. Dieci piani sono parecchi, si ha un sacco di tempo per guardarsi, per imbarazzarsi. A meno che non ci si ignori. Infatti la donna, inguainata in un tailleur forse di una taglia troppo piccolo, se ne sta lì immobile, a fissare la porta chiusa dell’ascensore, dandogli le spalle.

Così Davide ha tutto il tempo e l’agio di studiarne la figura. Giovane, bei capelli curati, lisci e lustri, lasciati cadere sulle spalle. Vestito classico, grigio fumo, stretto quel tanto da plasmare il corpo in curve sinuose, da far esplodere le forme dove serve. Camicetta di seta dai colori accesi; scarpe decolleté, tacco medio alto; cartelletta sotto il braccio. La perfetta giovane donna in carriera, con la divisa giusta, con la giusta espressione, o mancanza di espressione, sul viso.

Sulla pulsantiera i numeri dei piani si illuminano e si spengono a intervalli regolari. Nove, dieci… Tling!

La porta scorrevole si apre e la donna sguscia fuori senza nemmeno girarsi. La porta si richiude e la salita riprende: undici, dodici… Tling! Di nuovo la porta scorrevole si apre con un morbido fruscio. Sul pianerottolo una porta in vetro smerigliato con stampigliato un elegante logo si apre con un soffio.

Lo accoglie un bancone corredato da telefoniste concentrate a smistare le chiamate. Una di loro, gonna strizzata, camicetta in seta, scarpe decolleté con tacco medio alto, alza lo sguardo, lo riconosce e si alza con un sorriso cortese: “Prego, architetto, mi segua” dice precedendolo lungo un corridoio ai cui lati si aprono  porte grigie.

Nella prima stanza a destra una luce al neon fibrilla, e a Davide quella stanza anonima, colma di armadi d’archivio, sembra il set di un film dell’orrore. Il cuore gli trema e la sua mente fugge. Fugge verso altri lidi, verso i ricordi, verso il viso di Gaia, il giorno del loro matrimonio, quel suo vestito luminoso, quello sguardo che brillava di pura energia. Gaia, la sua àncora, il suo pilastro, la sua compagna. Gaia dopo il parto dei loro figli, quegli occhi stanchi ma fieri, pieni d’amore. Gaia e il suo viso triste quando, la settimana scorsa, si era finalmente deciso a dirle cosa sta succedendo.

Gaia e quelle lacrime, la delusione. Gaia che gli aveva chiesto “Perché? Perché l’hai fatto? Che ti è preso? Non hai pensato a noi?”.

Come spiegarle che era stato proprio perché aveva pensato a loro che l’aveva fatto. Come spiegarle che credeva, sì, credeva, di fare bene. Era convinto fosse l’unico modo per garantire loro un tenore di vita adeguato. Ma adeguato a cosa?

Ora no, ora sa che invece sarebbe stato meglio non farlo, non prendere quella strada. Era convinto che quella fosse la scelta migliore, la strada che lo avrebbe portato al successo. E invece…

Davanti ai suoi occhi il corridoio punteggiato da infinite porte scorre veloce, svolta a destra, poi a sinistra. Un lieve capogiro lo stordisce mentre segue il passo veloce e lieve della sua improvvisata Arianna.

Un altro paio di svolte e alla fine l’efficiente segretaria lo fa accomodare in una saletta su cui aprono un paio di altre porte. Lungo le pareti delle poltroncine imbottite, al centro un tavolino da caffè coperto da riviste e quotidiani.

“Può aspettare qui, architetto. Ho già avvertito l’ingegnere che la riceverà al più presto. Nel frattempo desidera qualcosa da bere?”

“No grazie” la sua voce suona roca e oscura. Osserva come in sogno la sagoma della segretaria uscire dalla porta e percorrere il corridoio con passo leggero. E poi si siede.

Dovrebbe concentrarsi sulla trattativa che lo aspetta, cercare di trovare le ultime possibili strategie di salvezza per la sua piccola impresa edile. “Ma quale salvezza, Davide?” si ritrova invece a pensare “Ormai sei al fallimento! È finita e basta. Al massimo, se sei proprio bravo, potrai sanare un po’ il debito che ti sei scavato intorno, con gli spiccioli che questi squali ti concederanno”.

Un moto d’ansia lo costringe ad alzarsi in piedi. Sul tavolino spicca il giornale di oggi: “La ripresa economica dal 2014” titola a caratteri cubitali. Una risata malrepressa gli sfugge dalle labbra. Qualche anno fa ancora ci credeva a quei titoli, si leggeva tutto quel che riguardava la Borsa, gli investimenti, si sentiva imbattibile, un Dio capace di far lievitare i soldi. Come tanti altri avevano fatto prima di lui. E se c’erano riusciti loro, perché non lui?

Sente l’aria che gli manca. Dall’ampia finestra si affaccia la città, ricca, piena di promesse non mantenute.

Sulla piazza sottostante si agitano persone minuscole come formiche. Con stupore solo ora, osservandola dall’alto, si rende conto che il disegno realizzato con pietre chiare e scure che adorna il piazzale è quello di un labirinto! Non se ne era mai reso conto!

Da un labirinto è difficile uscire, una volta che se ne è entrati, ma così, visto dall’alto, la via d’uscita appare chiara e facile da trovare. Come ha fatto a non pensarci prima?

Lo sguardo gli scivola sul decoro greco del bracciale, mentre solleva la maniglia per aprire la finestra.

Quando, di lì a qualche minuto, l’ingegnere si affaccia dal proprio ufficio per invitarlo ad entrare, con stupore trova la stanza vuota e la finestra scostata.

 

di Maddalena Gregori

4 Risposte a “Linee rette spezzate”

  1. Sto provando a cogliere, e non sempre mi riesce, il tuo lavoro certosino di cesellatura.
    In più mi piacciono i gialli dove devi cercare l’indizio. È vero che il tuo finale è aperto ma l’indizio era lì sotto i miei occhi. Ti sarebbe bastato scrivere “finestra aperta” e già sarebbe stato più difficile, demandando tutto alla volontà del lettore di indicare un finale. Tutto merito tuo se ho azzeccato! 🙂

    1. Sono andata a rileggermi quel che avevo scritto. Mi sa che correggo con “aperta” perché con scostata o socchiusa intendevo una finestra non più chiusa come al solito (negli uffici difficilmente le finestre vengono aperte).

  2. La finestra scostata, e non spalancata, mi dice che Davide si è voltato ed è andato a riprendersi la sua vita, in barba agli squali che attendevano di fare un festino con le sue disgrazie. Tiè!
    Sai che mi viene in mente una frase letta come sottotitolo di un blog(aridaje con ‘sti blog, dice Maddalena)?
    Diceva: “Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio”.
    Così fa Davide. Si allontana per un click che si accende nella sua mente a causa di un senso di soffocamento, guarda le cose dall’alto nel loro insieme e non nelle sigole parti, e trova finalmente la leggerezza per acquisire un nuovo sguardo sulla realtà.
    E a proposito di leggerezza, anche Italo Calvino ne era fautore in Lezioni Americane. Lui diceva che “leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore. […] La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso. […] Si deve essere leggeri come l’uccello che vola, e non come la piuma”.
    Adesso, forse, mi dirai che non ho capito una mazza del racconto ma sono una inguaribile ottimista anche io! 😀

    1. Assolutamente no, hai capito proprio ciò che intendevo. Il racconto è nato in un periodo successivo alla crisi del 2008, quando si parlava molto dei suicidi da parte di titolari di aziende fallite. E quel clima cupo, grigio, da cui pareva fosse impossibile trovare una via d’uscita (come in un labirinto) si respirava un po’ ovunque. E ho provato a vedere la realtà con gli occhi della disperazione, cercando però una speranza. E infatti Davide alla fine per me semplicemente se ne va, scende le scale e va a viversi una vita nuova, diversa da quella che pensava, tutta da rifare in un modo che ancora non riesce a immaginare. Ma non ho voluto raccontare questa cosa in modo esplicito, ho preferito lasciare il finale aperto. E mi stupì molto scoprire che tantissimi interpretarono il finale come un suicidio. Ma non tu! cara la mia volpona. A te non la si fa! ;-D

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