A stare soli si impara
un sospiro dopo l’altro
un rimpianto dopo l’altro
– si impara rinunciando
un po’ come si impara
a gustare il caffè
senza lo zucchero
– si impara godendo
di ciò che comunemente
si cerca di evitare
– lo si impara ad apprezzare
e alla fine stare soli
diventa l’unico vero
e irrinunciabile piacere.
Io – il caffè – lo prendo amaro.
di Maddalena Gregori
Comunque, le amanti del caffè amaro aumentano. Oltre te e Rosina, da due anni anche io lo bevo amaro e zuccherato mi farebbe vomitare. Inconcepibile! Comprendo bene l’uso della metafora, anche se non vivo questa condizione della solitudine. Poesia potente.
Bellissima questa immagine dell’amaro in bocca come piacere irrinunciabile.
Non lascia l’amaro in bocca! 😉
È spiazzante per il comune sentire sulla solitudine; induce a considerare il relativismo di “verità” che si affermano nella coscienza collettiva per effetto di convenzioni e convinzioni di comodo, oltre le quali tutto è sbagliato e non accettabile.
Oddio, mi hai capita? Mi è venuto così.
Devo dire che è un commento con doppio carpiato all’indietro, ma ho capito! Sì, si tende a vedere la solitudine come un qualcosa di negativo, difficile immaginare che sia positiva. Difficile e faticoso, all’inizio, ma poi non se ne può fare a meno. Ad esempio, se mi danno il caffè zuccherato a me adesso viene da vomitare.
Quanto è vero!
Da una estimatrice del caffè senza zucchero come te non mi aspettavo altro.