A G.C.

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E la tua – di scalata in solitaria –

è arrivata al precipizio

così – senza dar troppo a vedere

– senza voler disturbare

– tutta la vita in disparte

per non infastidire – sorretto prima

dalla forza arrogante della gioventù e poi

da quell’orgoglio ferito

che ti vietava di desiderare di più

o che di esserne degno

ti faceva dubitare

– tu che per te non tenevi

neanche un pezzetto

del tuo cuore.

Meritavi di più – meritavi

di non dover elemosinare

ciò che a nessuno si nega:

un alito leggero d’affetto,

uno sguardo e il rispetto.

2 Risposte a “A G.C.”

  1. Parole dolci, delicate, come si arguisce fosse lei, per un poesia davvero molto bella, empatica.
    Il tuo affetto è lampante e credo che lo sapesse. Un solo affetto non basta, certo, ma a volte anche una sola persona può dar senso ad un sentimento. Forse questo apprezzava lei, forse questo consolerà in parte te per la sua perdita.

    1. Ciao Francesca. Grazie delle tue parole. Giusi era un lui, un amico di mia madre e un po’ anche mio. Ho fatto in tempo a rivederlo a Capodanno, stremato, sfinito dalla malattia e dalla stanchezza. Un uomo generoso, sempre pronto ad aiutare gli altri, e purtroppo lasciato solo.
      Faccio un po’ fatica a consolarmi perché è morto un mese dopo, proprio il giorno del mio compleanno. Un regalo difficile da gestire.
      Ma l’affetto che hai percepito è verissimo, sincero: era un po’ di famiglia, per noi.

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