Chéz Les Clochards – II

 

(continua)

Caterina era esterrefatta: nessuno le aveva mai chiesto la sua opinione, nessuno aveva mai dato importanza a ciò che lei pensava. E quello fu il giorno dell’inizio della loro amicizia. (…)

Lei vagabonda per la città tutto il giorno, alla ricerca di cose interessanti da infilare nel carrello o di cibo, mentre lui è più stanziale, e se ne sta nel suo angolino davanti alla scuola, perché, dice, i bambini gli danno l’ispirazione: sono puri, semplici, senza falsità. Lui passa le giornate a guardarli, quando arrivano la mattina, quando escono per la merenda di metà mattina o per il gioco dopo pranzo, e poi quando arrivano i familiari a prenderli e loro si tuffano tra le braccia di mamme, papà, nonni. Leonardo guarda e scrive. Scrive poesie e racconti che poi fa leggere a Caterina.

Nonostante sia un senzatetto nessuno ha mai pensato di cacciarlo via, perché è gentile, riservato: i genitori dei bambini non dicono niente e neanche le maestre. Anzi, a volte gli regalano carta, penne, vestiti usati, e spesso i bimbi gli portano delle “merende” preparate dalle mamme.

Caso mai è Caterina quella malvista: l’anziana puzza, è iraconda e più di una volta è stata vista agitare il bastone e dire parolacce ben poco esemplari verso dei bambini che la deridevano o che, correndo, l’avevano quasi fatta cadere. Ma frequentare Leonardo pare le faccia bene: lui la calma, l’ha persino convinta ad andare a un vicino dormitorio per senzatetto a lavarsi.

Ora Caterina cammina lesta, non vede l’ora di raggiungere i giardinetti della scuola per proporre all’amico il suo pranzo gourmet, e lungo il tragitto ripensa a due giorni prima quando, vedendola,  Leonardo le aveva fatto segno con la mano, chiamandola a sé.

“Che vuole adesso?” aveva bofonchiato lei spingendo con malagrazia il carrello. Chissà perché, ma nonostante volesse davvero bene a Leonardo, non riusciva a dimostrarglielo: al rispondere con voce chiara preferiva il bofonchiare, al sorridere preferiva il grugnire e l’allontanare lo sguardo. Ma Leonardo pareva non farci caso o forse non voleva darle soddisfazione.

Comunque l’altro ieri lui l’aveva chiamata con un gesto e, non appena lei lo aveva raggiunto, le aveva porto un foglio di carta.

“Cos’è?” aveva mugugnato lei.

Lui aveva ripreso il foglio e aveva cominciato a leggerlo, lentamente, col suo bel vocione profondo e caldo, suadente e musicale. Quella voce su Caterina aveva un effetto ipnotico e così, invece di ascoltare le parole, lei si era persa ad ascoltare il suono avvolgente senza cogliere minimamente il senso delle parole.

“Ti piace?” aveva chiesto lui. E lei “Capito niente”.

Leonardo era scoppiato a ridere e aveva riletto la poesia dedicata a lei concludendo con un dolcissimo: “Buon compleanno, Caterina. Questo è il mio regalo”.

Caterina era rimasta a bocca spalancata: non glielo aveva mai fatto nessuno a lei, un regalo così. All’improvviso le fu chiaro anche perché, poco tempo prima, lui le avesse chiesto quando fosse il suo compleanno: per studiare l’oroscopo, le aveva spiegato. E invece aveva preparato quella sorpresa. Una sorpresa così sorprendentemente stupefacente!

Lo stupore di Caterina si stemperò lasciando spazio nel suo cuore a un’emozione dolente. Con un gesto brusco aveva afferrato il foglio, l’aveva piegato e, girandosi, l’aveva riposto nel carrello: “Se è mio allora me lo conservo!” aveva detto con tono iroso. Ma in realtà sperava che lui non si accorgesse delle lacrime che le avevano riempito gli occhi. Per un po’ aveva cincischiato con le sue cose, come per trovare posto a quel foglio di carta, come se non ci fosse abbastanza posto nel carrello per quel foglio di carta. E a spalle girate gli aveva detto “Per ricambiare una di queste sere ti invito a cena”.

E stasera il pacchetto di Gustavo è così grande che pare proprio essere la serata giusta. Mentre procede lungo la strada battuta dal traffico del dopo lavoro, Caterina ogni tanto se lo guarda, sposta la coperta che lo nasconde, cerca di determinare il contenuto dalle macchie che traspaiono sulla carta dell’involto.

Una svolta a destra, una a sinistra e sarà arrivata. Già dopo la curva riesce a scorgere Leonardo seduto sulla sediolina di fronte al tavolinetto. È di schiena e pare immobile. Mah.

Caterina si avvicina piano cercando di impedire al carrello di fare rumore. Se lo disturbano mentre sta scrivendo magari si scoccia, e così lei arriva, si siede sul cordolo del giardinetto di fronte alla scuola e aspetta che smetta di scrivere. Ma oggi non scrive, ha la testa reclinata in avanti. La schiena si alza e si abbassa lentamente. Dorme.

Caterina sta lì seduta e aspetta, guardandosi attorno. L’aria è ancora un po’ fresca, ma le sere si sono già allungate e le piante sono piene di nuove gemme. L’erba ha il colore fresco della primavera e le rondini gridano. Le piace questa stagione perché è la migliore, per chi vive per strada: sai che il peggio è passato, e che per un bel po’ ora potrai godertela.

Sorride Caterina pensando che prima di conoscere Leonardo non faceva caso a ciò che accadeva intorno a lei. L’anno scorso non aveva visto arrivare la primavera, non ci badava proprio. Ora invece si accorge di un sacco di cose, le vede e se le gode.

Ma, nonostante la primavera in arrivo, l’aria è ancora un po’ fresca e le viene da tossire.

Leonardo si sveglia, si gira e le sorride.

“Ciao” gli dice sorridendo a sua volta con quella sua bocca mezza sgangherata “sono venuta a trovarti e a chiederti se posso invitarti a cena”.

“Adesso?” fa lui.

“Sì, adesso”.

(continua)

 

di Maddalena Gregori

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