Chéz Les Clochards – III

 

(continua)

“Ciao” gli dice sorridendo a sua volta con quella sua bocca mezza sgangherata “sono venuta a trovarti e a chiederti se posso invitarti a cena”.

“Adesso?” fa lui.

“Sì, adesso”.

Lui si alza e comincia a sgomberare il tavolino, poi lo mette davanti alla panchina dove di solito dorme. Dall’altro lato del tavolo mette la sediolina. Dal carrello Caterina tira fuori un asciugamano a fiori, lo posa con cura sul tavolino e infine estrae il cartoccio della cena. Poi prende una forchetta e un coltello che tiene avvolti in uno straccetto e un pentolino smaltato che usa per bere. Mentre Leonardo tira fuori le sue posate, lei fruga e rifruga nel carrello. Cerca il libro, ma, chissà perché, anche se lo usa tutti i giorni lui riesce sempre a cacciarsi in fondo al carrello. Alla fine lo trova: ‘La cucina di suor Giulia’.

L’ha trovato un giorno, di fianco a uno di quei cassonetti per la carta in una pila di libri che qualcuno aveva buttato. Aveva sfogliato quei libri pensando di trovarne magari uno buono da regalare a Leonardo ma quando aveva aperto quello lì se ne era innamorata: ogni pagina aveva una foto di pietanze colorate e succulente, e accanto a ogni foto c’era la ricetta. Da quando l’aveva trovato lei ha preso l’abitudine di leggere una ricetta durante i suoi magri pasti fatti di avanzi o di cibi scaduti. E mentre legge immagina aromi e profumi della leccornia descritta dalla ricetta e, sembra una sciocchezza, ma quel che mangia le sembra abbia quel sapore lì. Ieri, ad esempio, ha mangiato abbacchio con carciofi alla giudia e avant’ieri una cotoletta alla milanese con contorno di patate alla cenere con burro di malga.

Da un po’ di tempo ha rivelato questa abitudine a Leonardo, che si è molto divertito all’idea e che ora spesso condivide con lei questo immaginoso gioco gastronomico.

Caterina appoggia il libro sul tavolo e, appena pronti, apre il l’involto di Gustavo scoprendo che il cuoco ha preparato dei cartocci separati affinché i cibi non si mescolassero. Nel primo trovano spezzatino con patate stracotte e qualche fetta di un arrosto un po’ secco, in un altro dei pomodori già conditi un po’ sfatti, in un altro delle verdure cotte, forse spinaci, o bietole. Ce n’è uno un po’ più grosso con degli spaghetti col sugo rosso. Alla fine aprono un pacchetto dalla consistenza molto morbida: dentro c’è un pastrocchio cremoso e multicolore: “Oh, del tiramisù!” esclama Leonardo. Ecco perché Gustavo s’era arrabbiato vedendola tastare con eccessivo vigore il pacchetto. Il tiramisù ha veramente un aspetto poco attraente, ma il profumo è invitante.

“Che cena fantastica. Da vero compleanno!”, esclama Leonardo.

Caterina lo osserva felice: è commossa nel vederlo così contento.

“Gentile signora. Sono veramente esterrefatto dalla ricchezza della sua cucina!” quando Leonardo fa così la fa veramente morire dal ridere. Parla come un libro stampato. “Vorrebbe gentilmente illustrarmi i cibi che andrò qui a degustare?”

Caterina ride di gusto e si copre la bocca con quei denti squadernati mentre lui la osserva sorridente. Quando finalmente lei riesce a smettere di ridere, Leonardo divide equamente il cibo separando a metà anche la carta oleata che lo contiene, in modo da usarla come piatto. Poi apre il libro, dà una scorsa all’indice, cerca la pagina e comincia a leggere:

“Oggi: Penne all’amatriciana” comincia “Ingredienti: due etti di mezze penne rigate, cinquanta grammi di guanciale, pecorino grattugiato, vino bianco, quattro pomodori san marzano maturi, peperoncino, sale e pepe quanto basta. Fate rosolare per bene il guanciale di maiale precedentemente tagliato a cubetti; lasciate cuocere a fuoco vivo per qualche minuto, aggiungete un po’ di peperoncino e infine sfumate con il vino bianco. Sbollentate i pomodori in acqua, pelateli e tagliateli a cubetti.” Mentre legge, Leonardo annusa la pasta che si trova sul suo pezzo di carta oleata. Il profumo del guanciale rosolato sfumato nel vino invade le narici. “Nel frattempo mettete a cuocere le vostre penne in abbondante acqua salata. Unite i pomodori al guanciale e fate cuocere per circa cinque minuti aggiustando di sale e pepe. Scolate la pasta, saltatela rapidamente in padella col sugo e aggiungete il pecorino. Servite immediatamente”.

Caterina cattura gli spaghetti con la forchetta e se li ficca in bocca di gusto: il sapore intenso e pieno del pecorino e dei cubetti di pancetta le accarezza il palato.

“E per la carne che scegliamo? qui abbiamo due preparazioni diverse” dice Leonardo.

“Ci penso io” afferma con brio inusuale Caterina. Afferrato il libro apre lesta su una ricetta: “Questa la adoro!!” dice poi “Polpette casalinghe: Mezzo chilo di carne trita di prima scelta, due o tre uova appena battute, abbondante pane secco grattugiato misto a formaggio. Impastare il tutto con cura aggiungendo un trito finissimo di prezzemolo profumato all’aglio”, Caterina fa una pausa e comincia a gustarsi qualche boccone di spezzatino. Il profumo dell’aglio passa dalla bocca su per il naso, poi riprende: “Quando il composto appare ben amalgamato, se ne ricavino delle polpette della dimensione di una pallina da ping-pong. Si passino poi le palline nel pangrattato misto a semi di sesamo, schiacciandole un po’ sui poli”. Un boccone di arrosto, e i semi di sesamo fanno il solletico al palato dei due amici. “A parte, in una padella larga, portate abbondante olio d’oliva ad alta temperatura e, con cautela, ponetevi le polpette a cuocere. Abbiate cura di girarle ogni tanto, fino a quando non siano cotte per bene anche all’interno. Estraetele con un mestolo forato e ponetele su carta assorbente, in modo da liberarle dell’olio in eccesso. Servire con contorno di lattughina primaverile fresca condita con un’emulsione di olio, sale e un pesto di capperi e olive”. I due passano alle verdure cotte e ai pomodori conditi. “E per finire un paio di consigli: innanzitutto, affinché non diventino dure durante la cotture, impastate la carne con un paio di verdure lesse, melanzane o zucchine, e le polpette resteranno belle morbide.”

“Bene!” interrompe la lettura Leonardo “la prossima volta proviamo a farle con le zucchine nell’impasto!”

Caterina non gli risponde e finisce di leggere: “Ricordate: le polpette accompagnate da un contorno di verdura di stagione sono un pasto completo, ricco di proteine, carboidrati e vitamine. Ma evitate di ordinarle al ristorante. Nel novanta percento dei casi vengono preparate con avanzi!”

Caterina emette un poco elegante rutto e chiude il libro soddisfatta! La cucina casalinga è sempre la migliore.

Ora i cartocci sono vuoti e Leonardo fa la scarpetta con un sorriso soddisfatto. Pulisce anche la carta oleata davanti a Caterina con un boccone di pane e poi divide il tiramisù leccandosi per bene anche la carta che lo conteneva.

“E ora passiamo al dolce” dice. Afferra il libro e comincia a leggere: “Dolce al cucchiaio con crema e gocce di cioccolato. Per l’impasto prendete quattro uova fresche, quattro etti di farina…”.

Poco più in là, alla fermata del tram posta ai margini del giardinetto, c’è una giovane donna che da un po’ osserva quella strana coppia. L’elegante tailleur le stringe un po’ troppo in vita e i piedi, calzati da scomode decolleté col tacco, piegano un poco di lato, come per trovare sollievo. Osserva i due barboni con un misto di disgusto e pietà: “Poveretti” pensa “Che vita tremenda!”. Sferragliando il tram arriva e la giovane donna lo accoglie con un sospiro di sollievo: non vede l’ora di arrivare a casa e di togliersi quelle maledette scarpe.

Nel frattempo Caterina e Leonardo, ignari della donna e delle sue scarpe strette, parlano, ridono, si danno pacche affettuose sulle braccia, mentre il sole cala e il clima primaverile rende un po’ più dolce questa fredda città.

 

di Maddalena Gregori

6 Risposte a “Chéz Les Clochards – III”

  1. Stavo pensando che amo questo racconto.
    Mi sono incantata a leggere la scena finale della cena fantasiosa, ed ho anche rosicato benevolmente!
    ll cibo è una delle necessità più importanti per i clochard, forse la più importante, ed è proprio nella condivisione del cibo che hai acquerellato la loro giocosa e commovente creatività e un momento felicissimo dell’amicizia.
    Stavo pensando che ai clochard manca il cibo ma di certo non manca la libertà. Tutto l’opposto dei carcerati.
    E se provassi a scrivere una storia d’amicizia tra due carcerati? Titolo: un’ora d’aria.
    Ho letto un rapporto di gennaio 2020 in cui emergeva che a parte paesi come la Danimarca dove quasi tutto il tempo i detenuti sono fuori dalle celle, c’è l’Italia che dà la possibilità di fare 4 ore d’aria. Nel resto dei paesi europei invece solo un’ora. E se uno dei due amici trovasse nella biblioteca del carcere un libro di botonica con cui fantasticare durante l’ora d’aria nello squallido cortile del carcere? Prati, fiori, ruscelletti, alberi… 🙂 E se condividesse tutto questo con l’amico?
    Naturalmente “E se provassi a scrivere…” era una richiesta rivolta a te. Io non ci penso proprio a scrivere, mi piace leggere. Titolo e fantasia li ho sparati a c…. solo perché mi piacerebbe qualcosa alla Leonardo e Caterina. Però tu potresti scriverla una storia nel carcere. Sì, sì, puoi scrivere tutto.

    1. In realtà l’ho già scritto un racconto sul carcere… Mi conosci bene,lettrice 😉
      Non l’ho pubblicato perché troppo lungo, per un blog. Richiederebbe 8 o 9 puntate

  2. Questo racconto sviluppa meravigliosamente il concetto di amicizia, l’addomesticare, del Piccolo Principe di Antoine De Saint-Exupèry. In tutto e per tutto, anche nel rapporto tra due esseri così diversi come il piccolo principe Leonardo e la volpe Caterina.
    Forse solo tra clochards è possibile questo miracolo. Forse perché “”Gli uomini non hanno piu’ tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose gia’ fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno piu’ amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!”
    Oggi ho raggiunto la sintesi suprema! 😀

    1. Mi piace leggerti, perciò non ti preoccupare di essere o meno sintetica. Mi piace la lettura dell’amicizia dei miei due clochard alla Piccolo Principe.

  3. Alla fine è forte il senso di commiserazione che mi invade, ma non per Caterina e Leonardo, quanto per la donna con le scarpe strette: ben misera la sua vita e ristretto il suo orizzonte per non accorgersi della bellezza che ha davanti!
    Siamo così abituati a certe “comodtà”, alla necessarietà del superfluo che ci sembra impossibile essere felici senza, e questo emerge da questo bellissimo racconto: una umanità che ha perso attenzione per le cose semplici, portatori di bellezza; ha perso attenzione per gli altri, guardando al mondo con la visione, spesso distorta del proprio ego.

    1. In effetti la donna con le scarpe strette è stata un’aggiunta finale e imprevista rispetto all’architettura del racconto. Però mi serviva uno sfondo su cui far risaltare i due personaggi, le loro vite parallele.

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