Chi tace acconsente

ventieuro

“Signore… Signo’… Va in centro? Serve un taxi? Need a taxi? Signore… Un taxi? Va in città? Dove deve andare signore? Serve un taxi? Need taxi?… Signo’, vulite o taxi?…”

La filastrocca si dispiega lenta, in un sussurro dal sapore quasi privato, come di intima confidenza tra Vincenzo e i corpi, valigie, nuche, scarpe, cappotti, cappelli che escono dalle porte del treno “proveniente da Milano, Bologna, Firenze…”, come recita la meccanica voce dell’altoparlante.

Nessun volto, nessun cliente. Oggi la Stazione Centrale di Napoli è avara e non offre al povero abusivo alcuna opportunità di guadagno. Già, la vita è dura, con tutti questi taxisti regolari con tanto di licenza e i vigili che gironzolano controllando che gli irregolari come Vincenzo non piazzino i loro servizi.

“Ma che male facciamo?” pensa Vincenzo Ruggiero, ex cameriere, ex portinaio, ex postale trimestrale, taxista abusivo e futuro parcheggiatore abusivo, se continua così. “Che è? Facciamo del male a offrire un servizio a ’sta povera gente che scende stanca dal treno e gli tocca aspettare ore per un taxi?”

Un tocco lieve sulla spalla interrompe i suoi pensieri: “Parlava di un taxi? Quanto per il Vomero?”

“Quindici euro!” risponde senza prudenza Vincenzo. La voce appartiene a un signore distinto dall’accento nettamente napoletano.

“Vabbuò, ma a’ machina vost arò stà?”

“ ’N loco, signo’!” risponde vivace Vincenzo con un vago gesto verso destra affrettandosi verso la vecchia Ritmo scassata. “Tenete fretta?” chiede il nostro autista non appena accomodato nel consunto abitacolo.

“No, non vi preoccupate… tengo tempo… mmmm… com’è che vi chiamate?”

“Vincenzo, signo’!”

“Ah!” risponde allegro il cliente “Un nome che inizia con la B!”

“Come con la B? Con la V, caso mai!”

“Ah no!, mio caro! Voi siete napoletano come me, da quel che sento, e dovreste sapere che il vostro a Napoli è un nome con la B: Bicienzo! Così come il mio è un nome che inizia con la A: infatti mi chiamo ’Aetano! Giusto? Questo è ciò che mi spiegò un mio vecchio professore delle superiori, tanti anni fa”.

Ridono di gusto, i due, mentre il bolide scatarra su e giù per le colline partenopee.

“E che scuole avete fatto?” chiede incuriosito Vincenzo.

“Ragioneria… eh, una volta era un gran bel titolo. Ora invece pare ’na cosa e nente…” risponde pensieroso Gaetano “Ma ai tempi miei…” conclude come parlando tra sé e sé.

“Eeehhhh, magari avesse potuto studiare pure io! Ragioniere è un gran bel lavoro, no? S’abbusca buono!”

“Io ci ho cresciuto i figli miei, che han studiato tutti, e penso pure di essermi meritato la mia pensione, insomma… è un bel mestiere!” conclude Gaetano con la A mentre scende dall’auto e allunga a Vincenzo con la B una banconota da 20 euro.

“Non tengo resto” azzarda a mezza voce il tassista, tentando il colpo gobbo.

“Tenete, tenete pure, che son tempi bui.” risponde munifico Gaetano chiudendo la portiera, mentre sente scemare il buonumore di pochi istanti prima. È preoccupato, Gaetano Scognamiglio, perché ha saputo della decisione della sua amata prima nipote, di quasi 18 anni, di smettere di studiare per poter lavorare e guadagnare i suoi soldi. Ha lasciato la scuola di estetista per un posto da cassiera in un supermarket. Ma che futuro potrà mai avere, quella ragazza? L’anziano ragioniere sale le scale del palazzo in cui abita, un bellissimo palazzo in cui ebbe la fortuna di acquistare un appartamento in tempi in cui questo era ancora possibile, e che ora vale un capitale. Uno dei tanti affari della sua vita, passata a lavorare duro, a risparmiare, a investire per garantire un futuro ai suoi figli e ai suoi nipoti. E ora la nipote ha di fronte a sé un radioso futuro da cassiera. Il mondo di Gaetano implode e gli pare di aver corso, corso, corso per tutta la vita per ritrovarsi al punto di partenza. Entra in casa e il cuore sprofonda. Da quasi due anni è morta la sua Erminia che sapeva consolarlo così bene, quando lui si faceva prendere allo sconforto. A chi chiedere aiuto, ora?

Nel frattempo Bicienzo Ruggiero è felice assai: con questi venti euro potrà fare un po’ di spesa per casa, che stamattina, quand’è uscito, senza una parola Imma gli ha timidamente allungato una breve lista guardandolo di sottecchi.

Rombando, parcheggia fuori dal discount ed entra baldanzoso guidando il suo carrello con lo stesso spericolato stile che usa per strada. Corsia latticini: latte, mozzarella e poi a destra, il pane, dei biscotti al cioccolato per i guaglioni, che son tre e se ne fanno fuori un pacco al giorno… vruuummm vruuummm, sinistra e un paio di salsiccette da fare alla griglia, e una in più per il sugo… Ah! è vero! la passata! Svolta spericolata a sinistra e via verso pelati e passate varie, poi la cipolla e l’aglio… e un paio di pacchi di pasta…

Si blocca di colpo, Vincenzo, e guarda la misera banconota da venti euro che stringe nella mano. Velocemente cerca di fare il conto di ciò che ha comprato, ma s’ingarbuglia: lui mica è ragioniere. “Ci vorrebbe Aetano!” si scopre a pensare. Poi sorride e va alla cassa. Chiederà aiuto alla cassiera, pensa, e caso mai alla fine farà togliere qualcosa.

Ma la ragazzina alla cassa ha l’aria malcontenta, pure lei si ingarbuglia, fa casino, vien fuori un conto da oltre 50 euro! Ma come! “Luigi alla cassa 2, alla cassa 2 per storno!” sussurra la ragazza al microfono con evidente imbarazzo. Arriva Luigi, un buzzurrotto dalle sopracciglia depilate e dalla candida camicia attillata e ampiamente sbottonata sul petto glabro. Un vero animale da discoteca.

“Che hai combinato, Chiara?” chiede con malagrazia controllando il conto. Vincenzo è sulle spine, Chiara ha i lucciconi, Luigi gongola dandosi un tono da boss con la sua chiavetta speciale per lo storno. “Vedi? Hai passato le cose più volte. Devi fare così, così e così, e poi premi x… ecco, fai tu, hai capito adesso?”

Alla fine il conto è di 18 euro e rotti e Vincenzo può tirare un sospiro di sollievo. Piglia le sue belle borse piene e si avvia verso l’auto. Ora passerà da casa a lasciare la spesa e poi di nuovo alla stazione, a cercare un altro cliente. Imma sarà contenta, per oggi.

Chiara intanto si asciuga le lacrime. Sta cominciando a pensare che forse ha ragione nonno a dirle che deve continuare a studiare. Ma lei è arrabbiata con suo padre che le ha detto che la festa per i 18 anni in discoteca costa troppo. Ma come!? Glielo avevano promesso: “Per i 18 anni vedrai che festa!”

E ora lei la vuole, e se non gliela pagano loro farà da sé. Ma ha trovato lavoro in questo posto merdoso, con questa gente merdosa! Non potevano metterla agli scaffali? No! Quello stronzetto di Luigi, che ha solo la terza media e che le ha trovato il lavoro, l’ha presa di punta per fargliela vedere, solo perché lei ha studiato più di lui! Ma non vuole mollare, Chiara, vuole resistere almeno un mese, almeno per la prima paga.

Un lieve tocco sulla spalla le annuncia che è arrivata Irene, la collega che le dà il cambio. “Ma non ci sono banconote da 10!” esclama Irene dopo aver controllato la cassa.

“Dovrei averne un paio io” dice Chiara tirando fuori dal suo borsellino le due banconote, mentre Irene gliene allunga una da 20 presa dalla cassa. Quella proprio in cima alla pila.

Chiara va a cambiarsi, saluta Luigi con un mugugno ed esce dal discount con il cuore pesante. Quel lavoro non le piace, le fa apparire la sua vita, che a malapena sta iniziando, una galera. Si ferma di botto, in mezzo alla strada e osserva il cielo illuminato dai raggi del sole al tramonto. Si sente sola, Chiara, sola e vecchia, nei suoi 18 anni ancora non compiuti. Poi si avvia, senza meta. Non ha voglia di tornare a casa, perché ormai si chiede se ne valga la pena di portare avanti questa ripicca per una festa. In fondo, come dice nonno Gaetano, son altre le cose importanti nella vita.

Cammina e basta, Chiara, attraversando le strade chiassose della sua città, tra rimandi di voci, profumi di cucina, risa e urla di bambini. “È bella la primavera” si trova a pensare e si stupisce del sorriso che le è fiorito in volto. Cammina a lungo, mentre la luce della sera vacilla, finché non si ritrova all’improvviso faccia a faccia con lui, San Gennaro, che dall’alto del suo obelisco la squadra con tenerezza e comprensione.

Ha l’aria così tranquilla, che pure lei si sente più serena. “Aiutami! Sto a fa’ ’na strunzata?” si trova a pensare e in quella luce fasulla, tra i raggi vaghi di un sole ormai stanco, le pare quasi che il santo annuisca e le sorrida. Come mossa da una volontà non sua, Chiara apre il portafogli e tira fuori l’unica banconota che ha, quei 20 euro che Irene le ha dato al discount, la piega e la infila ai piedi dell’obelisco, tra gli interstizi della pavimentazione. “C’hai raggio’ Gennarie’! Ma chi se ne fotte de ’na chiavica ’e festa! Io domani mi licenzio e torno a scuola! E questi dalli a chi ne ha più bisogno di me!” dice allegra a voce alta la ragazza mandando un bacio alla statua e dirigendosi con passo lesto in direzione della casa di nonno.

L’indomani sarà Imma Greco, coniugata Ruggiero e madre di tre famelici guaglioni, mentre alle luci del primissimo mattino percorre la strada che la conduce alla casa dei signori dove va a far le faccende tre volte a settimana per raggranellare qualche soldo in più, a venire attratta dallo splendore blu oltremare di un raggio di sole infilatosi ai piedi dell’obelisco. Giunta in prossimità del suddetto baluginìo scoprirà, con gioia estrema, che quel bagliore bluastro è conferito al raggio da una banconota da 20 che qualcuno ha piegato più volte, come si fa con un foglio di carta con cui si pareggia un tavolino traballante, e che ha poi infilato con forza tra le lastre del pavé.

Si ferma, Imma, per qualche istante, davanti alla statua, così immobile che pure lei pare una statua. Poi: “Me la posso piglia’?” chiede timidamente scrutando di sottecchi il santo, che benevolo la sogguarda ma che non si premura di rispondere nemmeno con un cenno del capo. Un’altra breve attesa: “Insomma, Gennariè’, me la posso piglià?” chiede nuovamente con tono sommesso e sguardo supplice la donna. Di nuovo il silenzio. “Vabbuò, Genna’” conclude Imma che comincia ad avere fretta “chi tace acconsente, no?”, e con piglio deciso e abile mossa del dito estrae la banconota e la pone al seno.

di Maddalena Gregori

6 Risposte a “Chi tace acconsente”

  1. Gaetano, Vincenzo, Chiara e Imma: quattro personaggi che si passano il testimone in un racconto a staffetta!
    E ad ogni passaggio di mano, il muto testimone (testimone in tutti i sensi) si fa carico dei loro umani bisogni.
    Gaetano, e il suo bisogno di consolazione, compra il buonumore di una lunga e allegra chiacchierata in taxi, che lo distrae, sia pur per poco, da preoccupazioni e sconforto per il futuro di sua nipote Chiara;
    Vincenzo e il suo bisogno di sfamare la famiglia, compra la felicità di oggi per sua moglie Imma che ha compilato la lista della spesa;
    Chiara, e i suoi bisogni di indipendenza, compra il suo futuro, rinunciando all’unica banconota in suo possesso per affidarla ai piedi di San Gennaro;
    e infine Imma e il suo bisogno condiviso con Vincenzo, accoglie il testimone tra le tette, con il tacito consenso di San Gennaro.

    È una storia di mutuo soccorso dove il bene che ogni personaggio fa all’altro, pur se inconsapevole, gli torna moltiplicato. Vincenzo aiuta Gaetano a ritrovare un momento di genuina umanità e leggerezza d’animo, Gaetano aiuta Vincenzo a sbarcare il lunario, Vincenzo aiuta Chiara a diventare adulta non solo all’anagrafe e, al contempo, aiuta Gaetano che sarà felice del ritorno agli studi della nipote; Chiara aiuta Imma, e quindi Vincenzo e tre pargoli, realmente bisognosi di una cifra di denaro che per lei non è niente, per altri è tutto!
    E per finire Imma, che chiude il racconto con ben venti euro piovuti dal cielo, aiuta Vincenzo nella lotta per la sopravvivenza e la dignità umana. È la storia di una banconata felice.

    Un’altra piccola riflessione. Purtroppo quando si ha la pancia vuota non ci si pone altro problema che quello della pancia vuota. Vincenzo e sua moglie, anche se pieni di dignità e pronti a sorridere per poco o niente, hanno lo stesso identico bisogno, a differenza degli altri due personaggi più fortunati che possono permettersi di “personalizzare” i propri bisogni.
    E per finire… chi l’ha detto che i soldi non fanno la felicità? Mica sempre vero!

    1. Sì, mi hanno sempre affascinata le storie in cui vite apparentemente avulse una dall’altra risultano invece legate. Legate da piccole cose, apparentemente insignificanti. Mi piace questo rimpallarsi delle vite una sull’altra, una contro l’altra, soprattutto quando il risultato è la felicità. Che poi, come diceva Totò, la felicità non esiste, esistono invece minuscoli momenti di felicità.

  2. Sto invecchiando alla svelta, se no perché avrei fatto fatica a leggere le ultime righe con le lacrime che mi appannavano gli occhi?

    1. Se ti può consolare, capita anche a me. E se pensi che l’ho scritto io, vuol dire che il mio livello di senescenza è vieppiù avanzato!

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