Con la D maiuscola

Aurora Sexton, performer transgender

 

L’autunno è la stagione più malinconica, si dice. Si dice anche che sia quella dai colori più belli, alla faccia di quella sventata della primavera. E sventata non nel senso di piena di vento, ma proprio di distratta, sbadata, un po’ sovrappensiero, con tutti quegli ormoni che girano, e i profumi che esplodono, e la luce che abbacina.

L’autunno pure lui è pieno di vento, di colori caldi e terrosi, di profumi morbidi e avvolgenti di terra e muschio, e di suoni ovattati dalla nebbia e dalle nubi che si fanno sempre un po’ più vicine e lente. Ma l’autunno ha un carattere introverso e poco incline alle feste. E tuttavia generoso, perché il poco che ancora può offrire lo offre a piene mani: certe giornate di luce adamantina e diaccia, certi sapori morbidi e burrosi, di castagne e fungo, di fichi e di zucca, di uva zuccherina e mosti frementi. Munifico e disinteressato, l’autunno non ha niente dell’egoismo conservativo dell’inverno, chiuso in se stesso, taciturno, coperto dalla neve e dal gelido silenzio dei ghiacci.

“Quanti pensieri che corrono nella tua testolina, Mara. Quanti pensieri inutili. Cerca invece di concentrarti su ciò che stai facendo!”

Una donna dall’aspetto abbagliante percorre le corsie della teleria più costosa della città. Intorno a lei i colori brillanti di tessuti dal design esclusivo, realizzati con le fibre più preziose.

Le sue mani affusolate, adornate da lunghe unghie laccate di un raffinato rosa geranio, sfiorano con sensualità i tessuti dalle textures sorprendenti: canneté affiancato a velluto di seta, gobelin dai disegni tradizionali, tele in seta grezza e lucente.

Finalmente raggiunge il settore delle tende. Un voile dal colore cangiante rosso-arancio attrae la sua attenzione: “Ecco, Mara, queste sono splendide! In salotto sarebbero perfette!”

Ora però la sua attenzione è attratta da una tenda a doppio telo, blu oltremare con un voile nero a sfumare. “Potrebbero andar bene per la camera da letto…” pensa Mara, quando ad un tratto il suo sguardo viene distratto da una figura riflessa allo specchio. Come sempre rimane stupita, nel vedersi: alta, snella, perfettamente proporzionata, gambe lunghe e affusolate, seno prorompente. I capelli lunghi, di un biondo dalle meches miele, incorniciano un volto seminascosto da un paio di occhialoni da sole alla moda. Due labbra carnose, messe in evidenza da un lucidalabbra rosato, esplodono, mentre grandi occhi truccati con cura si indovinano dietro le lenti sfumate.

Il tailleur attillato e gli accessori che indossa dicono tante cose di lei: dicono che ha soldi in abbondanza, tanto da potersi permettere capi firmati; dicono che è una donna bellissima, nonostante non sia proprio nella primavera della sua vita; dicono che ha buon gusto e che sa scegliere le cose più belle.

Sì, dicono tante cose di lei, ma non tutte. Non dicono che ora lei, dopo tanti anni, finalmente sta mettendo su casa col suo uomo: una coppia!!! Da quanto tempo sognava questo: una casa da dividere con qualcuno che si ama, da pensare, sognare, costruire con chi si ama. Ma soprattutto avere qualcuno da amare. E che la ama. Anzi, che la adora!

Vorrebbe tanto che qui a vederla ci fosse sua madre, quella vecchia bigotta che per tutta la vita non ha fatto altro che criticarla, azzerarla, denigrarla, rifiutarla. Vorrebbe che ci fosse quella larva di suo padre, incapace di un qualsivoglia pensiero autonomo, sempre perso tra i fumi dell’alcol. Vorrebbe che ci fosse quello schifoso del suo professore di latino, che gli infilava sempre le mani nei pantaloni, sempre pronto a ficcargli in bocca quel gamberetto moscio che si trovava tra le gambe.

Vorrebbe tanto far vedere a tutti loro, a tutti quegli esseri striscianti che tanto si sono adoperati per farla sentire “sbagliata”, cosa è riuscita a diventare: una Donna con la D maiuscola, di quelle che gli uomini si girano a guardare per la strada. E pure le donne, si girano, ma loro per invidia.

Quasi più donna delle donne vere… lui, Mario, il camaleonte che per una intera vita ha giocato con abiti e posticci, maschere necessarie a farlo “sembrare” ciò che sentiva di essere ma che la natura gli aveva negato, ora è quello che ogni donna vorrebbe essere. Più vera del vero… sì! più vera del vero!

“Signora, posso esserle utile?”

La voce ossequiosa del commesso la distrae dalla contemplazione della propria immagine. Con studiata lentezza rivolge il viso verso l’uomo, il suo sorriso luminoso anticipa di pochi istanti lo stupore ammaliato che, in un breve lampo, accende lo sguardo di lui. Mara ormai lo sa che questo è l’effetto che la sua nuova maschera ha sugli uomini.

“Oh, lei è molto gentile! Stavo cercando delle tende… Se potesse consigliarmi…” un nuovo sorriso, stavolta velato di malizia.

Un lieve rossore illumina le guance rasate del commesso mentre, con un sorriso di malcelato desiderio e un accenno di inchino, le indica col braccio teso il settore richiesto.

 

di Maddalena Gregori

6 Risposte a “Con la D maiuscola”

  1. Non lo avevo capito, confesso! Avrei fatto meglio, in questo caso, a dar più credito all’immagine scelta per il racconto perché anche a me conferisce quell’idea di maschera legata al trucco eccessivo che è una opinione tua quanto mia. Invece pensavo fosse un personale pensiero di Mara, perché mi sono fatta trarre in inganno da alcuni dettagli colti nella narrazione che mi ridimensionavano molto quell’idea di maschera.
    “Le sue mani affusolate, adornate da lunghe unghie laccate di un raffinato rosa geranio”,
    “Due labbra carnose, messe in evidenza da un lucidalabbra rosato”,
    …dicono che ha buon gusto e che sa scegliere le cose più belle”.
    Insomma, quei: raffinato, un discreto lucidalabbra al posto di un rossetto vistoso e il buon gusto… mi hanno indotta in errore.

    Torno a commentare, laddove lo ritenga utile a far sì che nello scambio ci si conosca e per spiegarti come agiscono sulla tua lettrice le suggestioni del racconto.

    1. Hai ragione, ma labbra carnose, unghie lunghe e scelta accurata dei colori e dello stile indicano una cura eccessiva per l’immagine, per come si appare. Ovvero non per come si è. L’eccesso qui sta nell’attenzione dedicata all’esteriorità, non nella scelta dei colori, che possono mostrare buon gusto. Mara la vedo come una bella farfalla, meravigliosa da vedere, ma fragile, ancora troppo fragile. E si nasconde dietro a qualcosa che gli altri sentono di non dover toccare con troppa veemenza.

  2. “Mara ormai lo sa che questo è l’effetto che la sua nuova maschera ha sugli uomini”.
    Sono rimasta sconvolta dalla parola “maschera”. Mi fa sentire la rabbia di Mara che, in fondo in fondo, si sente finta nella identità di donna che ha conquistato. Forse mi sbaglio, ma quella maschera mi lascia con una tristezza infinita.

    1. In realtà le parole di Mara lasciano sfuggire quella che è la mia personale opinione riguardo al trucco eccessivo in generale: il trucco è un modo per coprire (mascherare appunto) ciò che le persone non amano di se stesse. Alla fine il risultato è spesso innaturale e inquietante, ai miei occhi, come una maschera, priva di anima. Mara ha conquistato il suo essere Donna, ma dentro di lei ancora si agitano i mostri della sua infanzia e della sua adolescenza, che sono la parte oscura da celare. Non li ha superati, li ha solo coperti con trucco e accessori.

    1. In realtà Mara nasconde in sé più punti oscuri ancora da sanare (la rabbia, il rancore, il bisogno di ammirazione per sentirsi a posto), però possiamo dire che è a metà strada per essere “delicata”. 😀

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