Zanzare

 

Una notte calda e sudata, un risveglio improvviso, faticoso e appiccicaticcio. Federico Pigliapoco detestava l’estate, il caldo e le notti rese insonni dalle zanzare. Solo verso le tre o le quattro riusciva a prendere un po’ di sonno, complice la lieve frescura dell’ora. Ma quella mattina venne svegliato troppo presto dallo squillo del telefono: “Commissario, venga di corsa che qui è successo un casino, un morto sgozzato!”

“Eh? Cosa? Come… ma dove?… Vengo, vengo subito!”.

Fuori era ancora buio. Una doccia fredda, e un quarto d’ora dopo era in auto. Alla zona del ponte vecchio, gli avevano detto. Mentre guidava verso il luogo indicato, il commissario Pigliapoco si chiedeva chi potesse essere la vittima, chi mai potesse essere l’assassino, quale il possibile movente. Nella piccola cittadina in cui da ormai sei anni svolgeva il suo incarico non succedeva mai nulla di veramente grave: piccolo spaccio, prostituzione, risse, furti, ma omicidi all’arma bianca non gliene erano mai capitati.

Giunto in zona si fece guidare dalle luci lampeggianti delle auto della polizia che bloccavano le strade d’accesso all’area e parcheggiò lasciando l’auto in mezzo alla strada: tanto di lì non sarebbe dovuto passare nessuno per un po’.

A est il sole stava diffondendo i primi raggi, ma la luce era resa opaca dall’umida foschia estiva. Appena giunto, un poliziotto era corso verso di lui e, senza dire una parola, gli aveva indicato un capannello di schiene che facevano da cornice a quella che probabilmente doveva essere la scena del crimine. Il commissario osservava quelle schiene scure che dondolavano qua e là, allontanandosi e avvicinandosi come in una danza silenziosa scandita dai flash della macchina fotografica, e gli pareva di essere ancora in pieno sogno. Si stropicciò la faccia e, sfiorando le spalle, si fece largo tra i suoi uomini. Davanti a loro la scena più stravagante che gli fosse mai capitato di vedere: appoggiato al muro di una casa, a un metro dal portone d’ingresso, stava uno scooter su cui sedeva un uomo in bermuda a capo chino, la spalla appoggiata al muro, un piede scalzo e uno infilato in una ciabatta infradito blu scuro. Sul petto dell’uomo un fiume di sangue aveva tinto di rosso la t-shirt, scorrendo giù lungo lo scooter fino a terra.

L’odore del sangue si sentiva fin da lì.

Pigliapoco si avvicinò al cadavere e riconobbe un giovane uomo del posto, uno più o meno della sua età, proprietario di un bar storico della città e quindi conosciuto un po’ da tutti.

“Ha un taglio sotto la gola, gliel’hanno aperta fin qui, vede?” la voce di Luca Pugni, agente prossimo alla pensione, gli giunse da destra “Chissà, magari una rapina finita male…”

“Strana posizione però…”. Chi è che viene rapinato, sgozzato, e rimane seduto in sella allo scooter? Qualcosa non quadrava.

“Il medico è arrivato?” ma proprio mentre stava pronunciando la domanda, un lampeggiare feroce gli annunciò l’arrivo dell’autoambulanza. In pochi istanti venne affiancato dal dottor Guasti che, dopo un rapido esame del morto, ordinò ai portantini di portarlo all’ospedale per poterlo analizzare.

“Dottore, questo è già rigido!” disse uno degli infermieri. Il medico si avvicinò per valutare la rigidità delle ginocchia. “Sì, saranno ore che sta qui…”

“Quante?” chiese Pigliapoco.

“Eh, lasciami lavorare Federì, poi ti dico. Lo vedi dalla mia relazione” rispose secco il medico.

“Non ti chiedo una relazione, Guasti!, ma una indicazione di massima, per poter indirizzare le indagini” rispose altrettanto secco il commissario.

“Eh, fa caldo, saranno almeno tre o quattro ore che è morto” rispose con tono più tranquillo il medico. “Diciamo tra l’una e le tre di notte”.

“Ok, grazie!” rispose il commissario rivolgendosi subito dopo all’agente anziano che ancora lo stava affiancando “Luca! A che ora è stato visto? E che ore sono ora?”

“Ci ha chiamati l’operaio del panettiere qua vicino. Stava tornando a casa e l’ha visto così, appoggiato al muro. Prima ha pensato che fosse ubriaco e si fosse addormentato, poi ha notato la macchia di sangue a terra e si è avvicinato. Saranno state le cinque e mezza e adesso” rispose Pugni dando una rapida occhiata all’orologio da polso “adesso sono le sei e mezza”.

Il sole era già caldo e l’odore del sangue era stomachevole. A terra si poteva vedere un’enorme chiazza scura, e c’era sangue dappertutto, sul pianale della moto, sul sellino, sul manubrio, persino sul parabrezza.

“Qui è pieno di stranieri! Lo avrà ammazzato qualcuno di loro!” Urlò una voce alle sue spalle.

Furibondo, il commissario si girò gridando “Fate allontanare i curiosi!” e poi a voce più bassa “Tutti bravi a fare il lavoro degli altri, tutti saputoni, qui!”.

“Commissario, allora è stata una rapina? Il colpevole è un extracomunitario?” a fare le domande era un giovanottello che andava in giro a raccattare notizie per un giornaletto locale con tanto di sito news online.

“E questo chi lo ha chiamato?” chiese a voce bassa il commissario all’agente “Qualcuno DEVE averlo chiamato, altrimenti come fa a essere sempre in mezzo ai coglioni?”

“Beh, a dire il vero abita qua in zona…” rispose con un sorriso l’agente.

“Pure ‘sta sfiga!” ribatté il commissario “Il carro attrezzi è stato chiamato?”

“Sì, aspetta nella via di fianco. Qui non riesce a entrare, la via è troppo stretta”.

“Vai a chiamarli che dobbiamo portare via la moto e farla analizzare” ordinò il commissario avvicinandosi alla moto “Io adesso vado in ufficio, ci vediamo lì. Qui fai ripulire tutto. Dopo le solite foto, mi raccomando”. Un rapido sguardo gli permise di vedere il fanalino a destra rotto, la manopola destra storta, graffi sulla carrozzeria… Lo scooter sembrava aver avuto un piccolo incidente.

“Certo! Sarà fatto”. Rispose prontamente l’agente mentre il commissario si dirigeva verso la propria auto.

Giunto in ufficio, come prima cosa il commissario accese il pc e si mise a cercare in agenda il numero di telefono dei carabinieri di zona per chiedere se avessero avuto segnalazioni di risse o incidenti nel corso della notte appena trascorsa.

Mentre sfogliava l’agenda, il pc ronzando passava da una schermata all’altra fino a fissarsi sulla pagina iniziale, che mostrava vari siti di notizie online; immediatamente un titolo attirò la sua attenzione: “Cittadino italiano trovato sgozzato in mezzo alla strada in una zona abitata da molti extracomunitari. La polizia ritiene sia a  causa di una rapina finita male. Probabilmente l’uomo, marito e padre irreprensibile, proprietario di un noto locale pubblico, si è opposto a un tentativo di rapina ed è stato aggredito a colpi di coltello. Un taglio profondo alla gola ne ha provocato la morte per dissanguamento“.

“Ma vaffanculo!” si trovò a gridare “Maledette zecche!”

Prese il telefono e chiamò il centralino: “Se qualcuno, chiunque!, dovesse chiedervi notizie relative al morto della zona ponte vecchio, voi dite che stiamo indagando e che non abbiamo alcuna informazione! Se leggo altre stronzate come quelle che sto leggendo adesso mi incazzo con il vostro ufficio!”

“Ma noi non…” clic!

Il commissario Pigliapoco avrebbe dato fuoco a quel giornalistello da pochi centesimi, se se lo fosse trovato davanti. A schiaffoni, l’avrebbe preso! Sotto all’articolo già sfilavano a decine commenti xenofobi inneggianti all’odio contro gli extracomunitari e tutta quella rabbia poteva solo portare pessime conseguenze, in una cittadina piccola come quella.

Stava per afferrare la cornetta per chiamare il maresciallo dei carabinieri quando lo squillo gli annunciò una chiamata in arrivo: “Commissario!” era il centralinista “In linea ho un tipo che dice di sapere qualcosa sul tipo trovato morto”

“Passamelo”

“Tu-tu-tu-tu-tu-”

Accidenti, maledetto centralino! Riusciva sempre a far cadere le chiamate. Poco male! Se quel tizio avesse avuto qualcosa di importante da dire avrebbe richiamato. Adesso era importante cercare di raccogliere informazioni su tutti i fronti, perciò fece rapidamente il numero del comando dei Carabinieri.

“Pronto, il comando dei Carabinieri? Sono il commissario Pigliapoco, mi può passare il maresciallo Artieri?”

Pochi istanti d’attesa e la calda e possente voce di Artieri lo travolse: “Ehilà, Federico! Giornatina niente male, eh? Rovente, direi, e non parlo del clima! Ah ah ah”

Quella risata aveva il dono di risollevargli lo spirito anche nei momenti peggiori: “Non me lo dire Salvo! Qui sembrano tutti matti! Per non parlare dei giornalisti che sembrano goderci a incendiare gli animi!”

“Eh, ho letto, ho letto! La teoria dello straniero assassino fa sempre colpo! E fa vendere bene…”

“Già, e rende più difficile il nostro lavoro.” Una breve pausa permise ai due uomini di ritrovare lo spirito giusto “Tu hai qualche segnalazione arrivata stanotte da comunicarmi? Sai, giusto per mettere insieme i pezzi del puzzle.”

“No, solite cose, niente che mi sembri attinente…” rispose il maresciallo. “Ma se salta fuori qualcosa ti faccio sapere subito, non temere”.

“Grazie, Salvo. A buon rendere”. Posata la cornetta a Pigliapoco prese lo sconforto: ora  sarebbe dovuto andare dai familiari del morto, per fare qualche domanda. Doveva cercare di capire dove fosse stato la sera prima l’ucciso, se avesse l’abitudine di frequentare certe compagnie, se faceva uso di sostanze illegali, se aveva un’amante, o un amante… (continua)

 

di Maddalena Gregori

4 Risposte a “Zanzare”

  1. Il commissario Pigliapoco (nomen omen?lo sapremo alla prossima puntata) mi ricorda moltissimo Rocco Schiavone :))
    Gran bel racconto, che fa a pezzi molti luoghi comuni.

    1. Pigliapoco è cognome d’uso, in certe zona d’Italia. Come Picciafoco o Bellagamba. Cognomi evocativi, di certo.
      A proposito: non è ancora il “tuo” racconto. In questo periodo ho poco tempo, ma appena posso giuro che lo scrivo!

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