Di voci il chiacchiericcio
squilla chiaro – sbatte
contro l’opaco scorrere
di gocce di vapore
su vetri freddi di finestre
dietro a cui bianco
il mondo di terso
gelo si riveste.
Di voci il tintinnio
disuguale rimbalza
da quieti sussurri
a scoppi di risata
ritmando delle luci
l’intermittenza – precaria
felicità notturna.
Di voci lo sciabordìo
batte sereno
contro la sponda
di una vita troppo vuota
altrimenti – troppo deserta –
abbandonata ai colpi
dell’onda – senza governo.
di Maddalena Gregori
No, l’ho intuito. Mi è bastato ascoltare la tua poesia e trovarvi piena rispondenza con la data di pubblicazione. Insomma, niente di complicato.
Vado a pelle…
“Di voci” è una solitudine raccontata sul confine tra il proprio mondo e quello altrui. È un confine trasparente ma chiuso e impenetrabile, da cui l’anima può guardare la vita che le scorre fuori ma non farla entrare nella propria. Osservando, in quelle gocce di vapore sui vetri, l’effetto della forte escursione termica tra l’indifferenza glaciale verso il festoso quanto precario calore tra gli altri (il capodanno …ma è un pretesto), e il calore intimo della sua solitudine. Mi sembra di poter cogliere lo stesso indifferente distacco anche nei versi successivi, quando immagino che il tintinnio di voci rimbalza sui vetri (oltre che tra quieti sussurri e scoppi di risa), quando le voci arrivano come niente più che uno sciabordio, incapace di inondare di vita un deserto di cui lambisce appena la sponda. È una indifferenza, però, non quieta e paga della solitudine, anzi, in questa poesia mi sembra una indifferenza molto sofferta.
Ma del capodanno ne ho parlato da qualche parte o l’hai solo intuito? Perché la scrissi una notte di Capodanno! Che incredibile ascoltatrice sei! Per quanto riguarda le ultime righe del tuo commento, sì, la solitudine ha mille sfaccettature e a volte è mesta, altre volte inquieta, altre volte ancora appagata.
Bella! Adatta a questa stagione…..
In effetti è stata scritta in questa stagione. Grazie.