Di piccole orme ammassate
che tracciano linee diagonali – parallele
a volte di poco divergenti
dirette verso una meta
creduta personale – individuale
– orme di tanti proprietari di piedi
convinti di sapere cosa fare
dove andare – da cosa fuggire
– angosciati dai minimi scarti
verso destra sinistra o all’indietro
a cui il terreno li costringe
– certi di essere soli a lottare
contro la malasorte la miseria
la malattia la morte – e invece
di tante – infinite
piccole orme ammassate
è fatta la Storia.
di Maddalena Gregori
Fuori è ancora umido e prima di andare nell’orto inizio la giornata con un po’ di letture su questo blog. Piacevoli e assieme disperanti, come i commenti. Sì, l’impressione è quella di vivere una Babele, eppure con ragione e sentimento si potrebbe fare diversamente.
Sei un po’ Janeausten, oggi. 😀
Il problema è che il sentimento è un po’ ondivago e molto personale e quindi ci si fa trascinare entrando in collisione coi sentimenti degli altri. E in tempi di crisi la ragione fa fatica a imbrigliarlo. Mi spiace per l’effetto disperante, tuttavia non nego che questo è la mia attuale percezione.
Credo tu abbia la veritite, coniamola adesso. 🙂
Penso che, per alcuni, isolarsi sia divenuta una necessità di difesa perché c’è talmente tanta confusione che anche quando tendi una mano o cerchi un dialogo si è recepiti come prevaricatori. Vedo crescere masse oceaniche di roccaforti, dove ognuno si organizza per sparare a cannone sul castelletto in cima al podio accanto. Anche questo è isolarsi ma il movente è l’aggressività, purtroppo. Meglio tenersene alla larga e confidare in quel residuo di umanità non ancora perduta. Che poi, a ben pensarci, non è neanche tanto esigua, solo che fa fatica a riconoscersi, come quando cerchi qualcuno ad un mega concerto heavy metal. Se non basta la folla, ci si mettono anche le urla ad ostacolarti. 🙂
Una sola parola: Babele.
E una sola immagine: una torre che crolla.
La meta più naturale verso cui tutti siamo diretti è la morte, eppure anche in quella direzione i nostri passi sembrano sempre solitari, o forse bisognerebbe dire egoriferiti. Non so se ci siano speranze da coltivare ancora per una storia fatta di orme solidali e forse, anche per stare ancora sulla terra ci inventeremo tanti piccoli cloni che si beano di se stessi. Forse bisogna attendere che vento e mare cancellino ogni traccia, e da lì in poi ricominciare il cammino, insieme. Quanto forse ho espresso!
In effetti mi vien voglia di aggiungere acqua al tuo commento per vederlo gonfiarsi dei mille approfondimenti che potrebbero da esso generarsi. La solidarietà, la solitudine di fronte alla morte (meta ultima anche se ignorata), l’estinzione umana come unica opzione di rinnovamento, e tanto altro ancora. A me basterebbe immaginare un’umanità che si liberi dai paraocchi e che cominci a vedere in colui/colei che cammina al suo fianco un altro/a sé. Invece siamo in una fase di frustrazione che viene sfogata (grazie ai gentili suggerimenti dei mai sazi di potere) contro chi si ha accanto, che altro non è che noi stessi.
Ho la cassandrite.