Risi e bisi

 

visofumo

La cicca di sigaretta vola fuori dalla portiera semiaperta dell’auto seguita da un piede calzato da una pesante scarpa da lavoro. Con eccessivo vigore, lo scarpone si appoggia sul mozzicone fumante e con gesto circolare lo annienta, lo sbriciola, lo polverizza.

Eppure leggere volute di fumo denso volteggiano ancora nell’aria. Dall’interno dell’abitacolo della vecchia Panda bianca si ode l’esplosione di una tosse cavernosa e roca, un rumore di piccone contro la roccia. Al boato segue uno spettacolo straordinario: un omone dalla stazza smisurata emerge con lentezza dall’utilitaria, strizzandosi fuori arto dopo arto.

Sul lavoro lo chiamano “uncerino”, perché gliene basta uno per tutta la giornata: prima di spegnere una sigaretta, con la cicca se ne accende un’altra. Ma il suo vero nome è Ugo.

Uomo di poche parole e dai gesti misurati, da anni Ugo sopporta con assoluta imperturbabilità le battute dei colleghi sulla sua corporatura, sulle sigarette, o persino sul silenzio con cui accoglie le loro facezie.

Lui tace e fa.

Ogni mattina il suo arrivo in officina viene annunciato da due cupi colpi di tosse e dallo strascicare degli scarponi. Solo allora il capo emerge dal suo “ufficio”, un bugigattolo in cui si rinchiude tutto il giorno a rispondere al telefono e a compilare registri con Adalisa, la moglie-segretaria, e comincia a distribuire le visite della giornata. Per tutto il tempo gli idraulici della squadra commentano con mugugni, scherzi, contestazioni. Ugo no, lui tace, prende il foglietto con l’elenco degli indirizzi e fa di sì col testone, l’eterna sigaretta appiccicata a lato della bocca. A distribuzione terminata, un colpo di tosse che sembra scavare in fondo ai polmoni ne comunica la partenza; con passo strascicato va verso la vecchia Panda bianca, l’auto più vecchia della ditta, quella che nessuno vuole, ma Ugo se ne infischia: apre la portiera cigolante e si strizza dentro l’abitacolo fino a riempirlo quasi completamente. Poi, col fumo, riempie il resto.

Ugo è un mistero. Nessuno conosce il suo passato, e del suo presente c’è ben poco da sapere. Vive solo, in un appartamentino minuscolo a piano terra di un palazzotto anni ’80, con ingresso indipendente. È comparso in città un giorno, all’improvviso, quindici anni fa, ha preso in affitto l’appartamentino e da lì non si è più mosso.

Poi un giorno era passato davanti all’officina, era entrato e con voce cavernosa aveva pronunciato due sole parole: “Avete lavoro?”

Il capo, uomo pragmatico, lo aveva portato nel cesso dell’ufficio e gli aveva fatto un esame seduta stante: smontare e rimontare il sifone del lavandino, sistemare lo sciacquone (che faceva strani rumori), una guardatina al boiler… Ugo, senza profferir verbo, aveva volteggiato con le mani dalle pinze a pappagallo a quella piegatubi, dal silicone, al filettatore, fino alla fresa per rubinetti con una competenza adamantina. Nessun dubbio, nessuna titubanza.

Il capo era rimasto imbambolato a osservarlo per più di un’ora e alla fine lo aveva fatto accomodare in ufficio, sotto lo sguardo esterrefatto dell’Adalisa che, nel tentativo di darsi un tono, si era nascosta dietro lo specchietto da trucco mettendosi un po’ troppo rossetto. Non le era mai successo di vedere suo marito gentile con un operaio, figuriamoci con un tipo capitato lì per caso in cerca di lavoro. Uno spostato, era evidente. E invece suo marito stava mettendo sotto il naso di quell’omone truce un contratto prestampato e gli aveva pure versato un bicchierino di grappa. Che Ugo aveva appena appoggiato alle labbra, senza in realtà berlo.

Da allora Ugo è diventato l’uomo di fiducia dell’azienda e il capo sa di potersi affidare completamente, sia per quanto riguarda l’esecuzione del lavoro che per riguarda il comportamento irreprensibile. Quando capita che un cliente richieda un secondo intervento, se la prima volta ci era andato Ugo si può star certi certo che chiederà che gli venga rimandato “…quell’uomo un po’ grosso, di poche parole… quello che fuma sempre…”

E anche oggi a Ugo è stato affidato un caso delicato. Col suo passo lento e pesante raggiunge il massiccio portone di legno, poi  tira la corda della campanella che rintocca all’interno. Lo spioncino si spalanca e due occhi di donna, alla vista dell’omone, si dilatano in uno sguardo spaventato.

“Idraulico” barrisce roco Ugo.

I due occhi passano dalla preoccupazione alla sorpresa e poi al sorriso in pochi istanti: “Sia ringraziato il Signore! Finalmente… non sa quanto la stavamo aspettando… meno male è arrivato! Qui non si sa più come fare… ” La voce cicaleccia senza interruzione mentre la sua proprietaria chiude lo spioncino, tira il chiavistello, apre il portone.

“Oh, sì! Sia ringraziato il Signore, lei è anche bello robusto, perché mi sa che ce n’è bisogno…forse c’è da smontare tutto! … qui è un disastro!! Mi segua, mi segua…”

Senza smettere un solo istante di cinguettare la suora introduce Ugo nell’androne del convento, poi lo guida svolazzante attraverso prima un porticato, poi un chiostro e infine lo fa entrare nell’antica e maestosa cucina.

Un ampio tavolo di massello campeggia al centro dello stanzone dal soffitto a volta. La suora volteggia leggiadra e guida Ugo verso il lavello, una massiccia vasca in graniglia stracolma di acqua zozza e opaca dentro cui galleggiano avanzi di cibo e pezzi di non si sa che.

“Ci ha provato tanto anche suor Maria Eufrosina, a stapparlo, ma non si riesce, non si capisce che ci è finito dentro! E io devo pulire tutta questa verdura perché domani c’è il vescovo ospite e devo ancora sgranellare otto chili di piselli freschi! Se non posso usare il lavello devo andare fino in corte e arrangiarmi con i catini e i secchi… sa finora ho fatto così ma se si può evitare!” e scoppia in un’allegra risata, la suora, mentre arrossendo ammette “eh, già, pecco di accidia, ma quando ci si abitua alle comodità è difficile tornare indietro. E poi se non fosse una giornata così import…”

Ugo si è già chinato e sposta ceste di cipollotti, pomodori, detersivi vari quando: “Che è questo?” una vocetta stridula e tremante richiama la sua attenzione e quella della loquace suora verso la porta della cucina.

Sulla soglia se ne sta una suora così anziana da apparire biblica. Piccola, magra come un’acciuga, ripiegata su se stessa da un’artrite in stadio avanzato, la vecchia religiosa brandisce con mano tremolante un telecomando dai tasti colorati.

“Oh, suor Maria Ausiliatrice, dove l’ha trovato? Chissà di cosa è! Ora ci tocca girare per il convento e provare qua e là per vedere se è del televisore, o del lettore DVD, o magari del giradischi, … sarà mica della playstation? insomma sorella, proprio non ricorda dove l’ha preso…?” Il cicaleccio garrulo sfuma in lontananza mentre la suora cuciniera accompagna l’anziana sorella alla ricerca dell’apparecchio controllato dal telecomando misterioso.

Ugo appoggia la sigaretta sul bordo del piano di lavoro, si china sotto il lavello e comincia a smontare il sifone, facendo attenzione a mettere un bel secchio capiente sotto il tubo che, una volta svitato, comincia a liberare l’acqua fetida raccolta nella vasca insieme a strani malloppi di fibre vegetali non meglio identificate. Finito di ripulire per bene la curva del sifone, Ugo si appresta a rimontare il tutto, controllando con cura le guarnizioni, aggiungendo del grasso sui filetti, della stoppa dove teme che le moderne guarnizioni non tengano (è un vecchio sifone, non si sa mai).

Quando si rialza ha finalmente il tempo di guardarsi attorno. Su un angolo del fornello è posata una pentola che richiama la sua attenzione, un profumo familiare, delizioso… contrariamente alle sue abitudini si trova a sollevare il coperchio per sbirciarci dentro.

“Risi e bisi!” la voce allegra lo fa sobbalzare “L’ho preparato oggi per farlo assaggiare alle sorelle e per decidere se servirlo domani al vescovo. Me l’ha insegnato la mia povera mamma, che era vicentina… Ah! Come lo faceva lei! A me non riesce uguale, però se alle altre sorelle piacerà lo dovrò preparare anche per il nostro vescovo… Era un cibo riservato ai Dogi, nell’antica Venezia, sa? Dicono sia una ricetta bizantina, si figuri! Ecco perché devo pulire tutti quei piselli, e poi devo lavare bene i baccelli, farli bollire, passarli col passino per eliminare i fili…” lo sguardo di Ugo corre alle strane pallottole di fibra vegetale che hanno intasato il sifone “Ma ne assaggi un po’! Non faccia complimenti!…”

E mentre parla la suora ha già cacciato una sedia sotto il sedere di Ugo, gli ha messo un piatto colmo di pietanza fumante sotto il naso e un cucchiaio in mano.

“Mi dica cosa ne pensa!” conclude la suora facendo seguire a questa frase un silenzio tanto più inquietante quanto inconsueto.

Ugo infila il cucchiaio nella minestra e lo porta alla bocca. Il primo boccone gli pare amaro, poi però da qualche parte, in qualche recesso della memoria, un aroma si intrufola tra palato molle e narici richiamando immagini di casa, di mamma. Il secondo boccone raggiunge finalmente le sue papille gustative, riscuotendole dall’anestesia provocata dall’assuefazione al fumo. E ancora più forti emergono i ricordi dell’infanzia, di quando rientrava da scuola nei giorni invernali, posava la cartella togliendosi le scarpe bagnate, sedeva al tavolo di cucina e mamma gli metteva un mattone caldo sotto i piedi e un piatto di minestra di riso e piselli sotto il naso, riempiendolo di calore e di amore. Il terzo boccone lo porta in paradiso, e due lacrimoni vanno a rendere ancora più sapida la pietanza nel piatto.

“Allora le piace… ” sussurra la suorina che per tutto il tempo è rimasta in piedi accanto a lui in attesa del responso. Ugo fa di sì col testone e la suora, maternamente, gli carezza i pochi capelli che ancora glielo ornano.

Quando, un quarto d’ora dopo, Ugo emerge dal convento con un pentolino caldo tra le mani, scopre con sorpresa e leggero smarrimento di non aver alcuna sigaretta appesa al labbro. Ma scrolla le spalle e con un sorriso pensa a quando siederà al tavolo della sua minuscola cucina assaporando una felicità che credeva perduta.

 

di Maddalena Gregori

7 Risposte a “Risi e bisi”

  1. PS: poi, c’è da dire che il racconto ha dei succulenti dettagli, come la minestra Risi e Bisi (su cui due paroline vanno spese, ecchecavolo), che oltre il calore di casa, risveglia in Ugo la speranza di una nuova vita. Almeno simbolicamente, perché stamattina cercando la ricetta ho scoperto che era il piatto tradizionale per celebrare l’arrivo della primavera. Primavera per Ugo! Nuovi colori, profumi e gusti! Sì, la fine del racconto deve essere un inizio…

    1. Non ero arrivata così lontano, con la simbologia! A volte i racconti hanno risvolti ignoti anche ai loro stessi autori.

  2. Dolce-amara questa storia. Che dico amara, acre. Acre e monocromatica come il denso grigio fumo della solitudine raccontata.
    “Tace e fa”: non parla, il piccolo dolce Ugo intrappolato nel corpo smisurato di un omone. La sua comunicazione verbale col mondo, “Avete lavoro?”, “Idraulico”, è ridotta all’essenziale, alla necessità di sopravvivere. Sì, perché Ugo sopravvive. Il suo lavoro non è solo il mezzo per guadagnarsi il pane quotidiano. È soprattutto un potente narcotico dei pensieri, addomesticati con “ competenza adamantina” a non sentire la fatica di trascinare l’esistenza insieme ai passi lenti e pesantissimi dei suoi piedi. Non parla Ugo, le sue corde vocali vibrano di solo fumo. Il fumo è la sua unica parola, potente, invadente, ma inascoltata dai più. Il fumo è l’anestetico di ogni sapore e colore della vita, di ogni desiderio. E di ogni dolore.
    Non parla Ugo, “fa di sì col testone”: un gesto sufficiente alla soddisfazione del datore di lavoro; una voce eloquente per la dolce, piena di vita e materna suorina che gli risponde con una carezza. Che felicità, Maddalena, leggere che Ugo “con un sorriso pensa a quando siederà al tavolo della sua minuscola cucina assaporando una felicità che credeva perduta”. A volte bastano piccoli e inaspettati doni d’amore per iniziare a spazzar via il grigio fumo… chi lo sa, io ho fede che per Ugo sia così. Voglio crederci. 🙂

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.